Quest’anno, 2015, abbiamo avuto una bellissima vendemmia.
L’annata 2015 ci ha regalato benefiche piogge fino a primavera inoltrata e un’estate splendidamente mediterranea, con il sole e le temperature giuste per donare alle uve un perfetto percorso di maturazione.
Per chi come noi pratica l’agricoltura biologica condizioni climatiche ottime, come si sono verificate nel 2015, garantiscono ottimi risultati.
Abbiamo vendemmiato uve perfette: sane e bellissime.
La nostra vendemmia si svolge manualmente e con la cura che merita ogni prezioso prodotto della difficile terra che coltiviamo.
I nostri appezzamenti sono tipicamente isolani: si tratta di piccolissime estensioni in cui l’epoca di maturazione delle uve e di vendemmia è giocoforza diversa.
Quest’anno abbiamo iniziato a vendemmiare nella seconda metà di agosto a Lingua, a livello del mare, e terminato a fine settembre a Valdichiesa, a quota di 450 metri. Una ventina di singole piccole vendemmie, vinificando ogni volta l’uva raccolta.
Tra novembre e dicembre mi sono chiuso in cantina, il mio regno.
Era il momento degli assaggi e degli assemblaggi del frutto di quelle piccole vinificazioni.
Un momento a cui tengo molto, che è centrale nel mio lavoro e nella mia passione.
Quest’anno i vini registrano un ottimo equilibrio tra zuccheri e acidità, e un tenore alcolico leggermente inferiore agli anni precedenti.
Saranno vini particolarmente sapidi e minerali.
Il terroir si farà sentire, sovrano. Ma sarete voi a dirlo, naturalmente.
I nostri vini sono: Malvasia secca, Infatata (Malvasia di Tricoli), Rosso di Salina, Nero du Munti (va in bottiglia – presto- il 2014) e la Malvasia di Lipari passita.
Vi è infine un nuovo vino, realizzato con macerazione, in parte in anfora e in parte in acciaio, che ho scelto di realizzare quest’anno.
È per me una convinta sperimentazione, che consente di mettere alla prova la Malvasia secca in termini di longevità.
L’abbiamo chiamato Occhio di terra.
Vale a dire una cosa precisa e preziosa, un’antica espressione utilizzata da mia nonna e che ricordo con affetto.
L’azienda cresce, molti sono i riconoscimenti nazionali e internazionali, molte le richieste di vino e capperi.
Per noi è molto importante, ma lo è anche per l’economia dell’isola.
Riportare alla coltivazione terreni rimasti incolti per moltissimi decenni significa ricostruire il paesaggio rurale e contribuire a rafforzare la vita e l’identità dell’isola.
Coltivare quelle terre significa anche offre opportunità di occupazione a chi – giovane- ha deciso di vivere stabilmente in queste terre splendide e difficili.
Per questi motivi siamo felici di comunicarvi che abbiamo tre nuovi appezzamenti a cui dedicare il nostro amore per la vite e per il vino.
Il primo è nel Comune di Malfa, sede storica della nostra cantina nell’isola di Salina. Un terreno spettacolare, lungo le falesie, sulla costa settentrionale dell’isola, esposto a nord ovest.
Il secondo è nel cuore storico della viticoltura isolana, a Valdichiesa, sede del conosciuto Santuario del Terzito, oasi di pace e tranquillità. Ci troviamo nella conca tra i due vecchi crateri che formano Salina, la zona più fertile per le colture agricole.
Qui abbiamo preso in affitto i vigneti di Felice La Rosa e li condurremo con rispetto e amore per queste preziose terre.
Il terzo è un progetto a cui teniamo in modo particolare. Abbiamo acquistato un vigneto a Stromboli, sulle pendici del vulcano ancora attivo, che furono sede di viticoltura estrema e altamente qualitativa fino agli anni Venti del secolo scorso.
Anche qui pensiamo a un recupero delle prospettive agricole di questi luoghi, e pensiamo a dar luogo a vini di assoluta specificità territoriale.
Impianteremo prevalentemente malvasia. Questa è da sempre la sua terra.
Accanto ai vini, ci sono naturalmente i capperi.
Si tratta, con la vite, della coltura tipicamente eoliana, da sempre.
Dei capperi potremmo parlare a lungo. Noi li curiamo con il medesimo amore con cui curiamo le viti. Che ne stiamo impiantando ancora. Capperi unici, quelli delle Eolie, per caratteristiche organolettiche molto riconoscibili.
Il lavoro e le idee non mancano mai. L’isola d’inverno si svuota e tanto più si comprende come la vocazione agricola di questi luoghi potrebbe e dovrebbe rafforzare quella turistica, in un’ottica di tutela di un paesaggio unico al mondo. Per poterlo condividere con chi questi luoghi ama e li ricerca.